All'indomani della protesta giovanile e studentesca, tra la fine degli anni Sessanta e l'inizio degli anni Settanta, la società italiana - come quella di molti altri paesi occidentali - è stata attraversata da richieste di cambiamento e richieste di partecipazione democratica in diversi contesti (scuola, fabbrica, politica, sindacato). Le richieste sono emerse all'interno di una realtà in cui ci sono stati cambiamenti di costume, mentalità, rapporti tra generazioni e tra i sessi come non si erano mai sentiti prima. Questi fermenti esterni hanno anche provocato cambiamenti nelle scuole che si sono manifestate dapprima soprattutto nei licei e nelle università ma poi hanno interessato i sistemi di tutti i cicli educativi e anche i profili professionali degli insegnanti, i loro diritti e doveri.
Per alcuni aspetti è passati dalla contestazione ai tentativi di innovazione e ad alcune riforme. Nel 1973 fu istituita una Commissione con il compito di elaborare riforme degli ordinamenti giuridici che l'anno successivo, non senza polemiche, furono approvate con cinque decreti delegati che, con alcune date, introdussero modifiche per cercare di effettuare una transizione da apparato scolastico a una comunità scolastica.
L'obiettivo era ardito e complesso: la scuola restava essenzialmente "statale", burocratica e in un certo senso "piramidale" ma la gestione si apriva a forme di partecipazione collegiale e sociale dei genitori e, per le scuole superiori, anche degli studenti.
Ma lo slancio partecipativo non ha sempre avuto durata ed efficacia; e gli addetti ai lavori non sempre hanno lavorato per facilitarla. Negli anni Ottanta, anche in presenza di processi di cambiamento in atto negli enti locali e in altri ambiti, sono emerse richieste più consistenti per introdurre maggiori forme di partecipazione alle decisioni e di autonomia.
Si parlava sempre più di autonomia, prima delle scuole medie, poi di tutte. Allo stesso tempo è stato sempre più sollecitato a regolamentare il diritto delle istituzioni e degli individui di creare e gestire scuole. come la Costituzione ha sempre richiesto. E c'erano anche queste riforme che vengono spesso discusse perché entrambe richiedono intraprendenza e perché gestire e organizzare i servizi scolastici non è facile.
Le funzioni della scuola e la qualità dei servizi sono condizioni essenziali per lo sviluppo, la qualità della vita sociale, la democrazia e l'evoluzione di un popolo. Questi obiettivi impegnano ancora fortemente il governo, le forze politiche e sociali e gli stessi lavoratori della scuola, anche perché nelle moderne democrazie la scuola è tenuta a raggiungere obiettivi non facili da coordinare: allo stesso tempo e con lo stesso impegno deve tendere all'equità e all'eccellenza, rendersi conto che è una sfida quasi impossibile che rende sempre più difficile fare scuola ed educare le nuove generazioni .. ""All'indomani della contestazione giovanile e studentesca, tra la fine degli anni Sessanta e l'inizio dei Settanta, la società italiana - come quella di molti altri Paesi occidentali - fu attraversata da istanze di cambiamento e richieste di partecipazione democratica in diversi contesti ( scuola, fabbrica, politica, sindacato) .Le richieste affioravano di una realtà nella quale si avvertivano cambiamenti del costume, della mentalità, dei rapporti tra le generazioni e tra i sessi come non si era mai avvertito prima.
Questi fermenti esterni sollecitarono i cambiamenti anche nella scuola che all'inizio si manifestarono soprattutto nelle scuole superiori e nell'università ma in seguito toccarono gli ordinamenti di tutti i cicli di istruzione e anche i profili professionali dei docenti, i loro diritti ei loro doveri.
Per certi aspetti si passò dalla contestazione a tentativi di innovazione e ad alcune riforme.
Nel 1973 fu istituita una Commissione con il compito di elaborare riforme degli ordinamenti che l'anno seguente, non senza polemiche, furono approvate con cinque Decreti delegati che con alcuni limiti introdussero dei cambiamenti per cercare di operare un passaggio da una scuola-apparato ad una scuola-comunità.
L'obiettivo era ardito e complesso: la scuola rimaneva sostanzialmente 'statale', burocratica e in certo senso 'piramidale' ma la gestione si apriva a forme di partecipazione collegiale e sociale, dei genitori e, per le Scuole superiori, anche di studenti.
Ma lo slancio partecipativo non sempre ebbe durata ed efficacia; e gli addetti ai lavori non sempre si adoperarono per facilitarlo. Nel corso degli anni Ottanta, anche in presenza di processi di cambiamento che si andavano realizzando negli Enti locali e in altri campi, affiorarono più consistenti richieste di introdurre maggiori forme di partecipazione alle decisioni e di autonomia.
Si cominciò a parlare sempre più di autonomia, prima delle Istituzioni scolastiche secondarie, poi di tutte. Nello stesso tempo fu chiesto sempre con maggiore insistenza di regolamentare il 'diritto per enti e privati' di istituire e gestire scuole., Come prevede da sempre la Costituzione. E si ebbero anche queste riforme di cui si discute spesso perché entrambe richiedono intraprendenza e responsabilità perché gestire e organizzare i servizi scolastici non è facile.
Le funzioni della scuola e la qualità dei servizi sono condizioni essenziali per lo sviluppo, la qualità della vita sociale, la democrazia e l'evoluzione di un popolo. Questi obiettivi impegnano tuttora fortemente governo, forze politiche e sociali e gli stessi operatori scolatici, anche perché nelle moderne democrazie le scuole sono tenute a realizzare obiettivi non facili da coordinare: allo stesso tempo e con lo stesso impegno debbono mirare alla equità e all'eccellenza , realizzare cioè una sfida quasi impossibile che rende sempre più difficile il fare scuola ed educare le nuove generazioni .. ”